Quando si arriva il lunedì mattina in ufficio e si trova un articolo del genere, ecco...si è un po' più felici anche se la Lambretta non c'è più da ormai 6 anni...le Vespette sono belle, bellissime soprattutto le mie, ma il primo ammòre non si dimentica!
fonte La Repubblica, Edmondo Berselli
La prima Lambretta esce dalla fabbrica Innocenti nell'ottobre del 1947, sessant'anni fa. (...) Costruzione spartana, anzi, più che spartana, essenziale al punto che oggi potrebbe essere considerata una specie di prodotto artistico, una sintesi tecnologica senza scarti, l'essenzialità fatta scooter, un oggetto da esporre in qualche museo d'arte moderna culturalmente tendenzioso, insieme con la Lettera 22 della Olivetti e i migliori oggetti del design italiano. Lambretta, ovvero funzionalità: classico motore a due tempi, 125 centimetri cubi da alimentare a miscela, che soprattutto nella fase di avviamento era in grado di rilasciare nell'atmosfera un magnifico e oggi inquietante (oddio...mi dissocio.) fumo azzurrino. Cambio a tre velocità, 55 chilogrammi di peso, quasi da libellula. Una linea agli inizi senza troppe carenature, "esposta", dove tutto è in bella vista, dal motore ai pezzi assemblati come se fossero pacchetti, o meglio scatole. Un puzzle, o un collage industriale, il design del nuovo scooter italiano. E un prezzo piuttosto ingombrante, in quel 1947, cioè 156mila lire, quando lo stipendio medio mensile di un operaio era di ventimila lire. La Lambretta della prima serie aveva "innumerevoli difetti", secondo i tecnici, non superava i 70 chilometri orari, ma consumava poco, un litro di miscela per 39 chilometri, a velocità di crociera, Con il progredire dei modelli e l'affinamento delle soluzioni tecniche si giunse rapidamente a un consumo assai inferiore: 50, addirittura 60 chilometri con un litro per il modello "F" del 1954. Ci vuol poco quindi a intuire come il nuovo scooter realizzato da Ferdinando Innocenti, nato a Pescia nel 1891, industriale specializzato nei tubi, autore fra l'altro del ponteggio di manutenzione nella Cappella Sistina, diventasse rapidamente uno degli strumenti centrali nello sviluppo dell'Italia degli anni Cinquanta. (...)
E popolano le strade, asfaltate o ancora bianche, di quegli strani oggetti meccanici, che non sono motociclette autentiche, hanno una forma particolare, sono gli "scooter". (...) Lo scooter è più cittadino, borghese, forse intrinsecamente impiegatizio, adatto alla giacca e cravatta, e anche alle signore, volendo (tzè, volendo...). Ma il fatto è che un anno e mezzo prima della Lambretta era nata la sua concorrente diretta, la Vespa di Enrico Piaggio e dell'ingegner Corradino D'Ascanio. Fortunata, fortunatissima la Vespa, perché nessun prodotto italiano aveva mai avuto la fortuna di un colpo di marketing come il film del 1953 di William Wyler, Vacanze romane, in cui Gregory Peck e Audrey Hepburn avevano unito la loro bellezza sullo sfondo di una Roma incantata e incantevole, girando la capitale sui sellini dello scooter per eccellenza. (...) Vespisti e lambrettisti. Ognuno convinto della superiorità implicita, connaturata, addirittura ontologica, ancorché probabilmente indimostrabile, del mezzo prescelto. Perché naturalmente lo scooter, in quegli anni Cinquanta, è un oggetto di fede. Si diventa, o meglio si nasce, lambrettisti o vespisti, mentre Ferenzi lancia il suo slogan irresistibile: "Vespizzatevi". (...) Soddisfattissime le nuove generazioni urbanizzate, che con quattro o cinque stipendi operai possono permettersi il lusso di apparire davanti al caffè e magari di invitare la ragazza, con il debito foulard sui capelli, per una promettente "scampagnata". (...) Cento esemplari vengono forniti alle Olimpiadi di Roma del 1960, staffette dello sport mondiale e dell'Italia rinata, mentre lo scooter modificato per le alte prestazioni, carenato in modo tale da assomigliare a un siluro, batte i record di velocità, 202 chilometri orari sull'autostrada di Monaco di Baviera (e il Quartetto Cetra canta nella pubblicità il Lambret Twist, "Inventiamo qualche cosa che vi faccia strabiliar...", e giù rime sulla velocità). (...) Che poi ci siano ancora oggi club e gruppi di appassionati, che si disputano carburatori, pedane, manopole e vari pezzi di ricambio all'asta su eBay, non fa che confermare lo spirito del lambrettismo. Uno spirito fatto di efficienza e di solidità, di motori potenti, di funzionalità completa ed eclettica. Ancora oggi, chi predilige la Lambretta ama quell'eccezionale fusione di stile "povero" e di efficienza assoluta, senza nessun orpello, senza gadget stravaganti. E nel rivedere le vecchie versioni dello scooter, quel disegno che sembra un piccolo Beaubourg motociclistico, nella sua nudità di scatole e tubi, sembra di ritrovare l'immagine di un'epoca, e di risentire il rumore bellissimo e irripetibile di quando il nostro tempo andava a due tempi.